A quale donna non è capitato, almeno una volta, di vedere sminuito il proprio lavoro da battutine sessiste?
A quante, invece, è capitato di non sapere cosa rispondere e soffrire a causa di ciò?
E ancora, a quante è successo che un sorriso venisse scambiato per qualcosa di più?
Così da decidere di sorridere di meno, esporsi di meno, non riconoscere il proprio valore fino in fondo e fare fatica ad esprimere il proprio potenziale.
Tutti questi sono esempi di violenza invisibile e sono raffigurati in questa immagine che riprende la teoria dell’iceberg di Amnesty International.
La società, tollera questi atteggiamenti, che d’ora in poi chiameremo con il loro nome: violenze invisibili.
Così facendo le violenze vengono normalizzate, anche se di normale non c’è proprio nulla.
Fonte: immagine Amnesty International,
traduzione Parole di Genere
Fonte: immagine Amnesty International,
traduzione Parole di Genere
Di normale invece c’è che la lotta per l’autodeterminazione della donna e delle minoranze è tutt’ora in corso e può essere supportata e portata avanti attraverso piccoli gesti quotidiani.
Si può partire, per esempio, dall’uso di un linguaggio più inclusivo. Oppure ancora, dare supporto e mettersi in ascolto, senza giudizio, di chi ha il coraggio e la lucidità di denunciare una violenza.
Piccoli accorgimenti giornalieri, compiuti da un numero sempre più elevato di persone possono produrre sul lungo termine un cambiamento profondo nella società.
Una particolare attenzione va rivolta anche al mondo dell’informazione: è importante esercitarsi a riconoscere l’uso di un linguaggio maschilista sui giornali o sul web e non farselo andare bene.
Anche questo è un esempio di violenza invisibile.
Ricordiamo ad esempio, il caso recente di Samantha Cristoforetti, la prima donna europea al comando della Stazione Spaziale Internazionale, che su alcuni giornali è stata appellata solo con il nome, senza cognome. Usare questo tono confidenziale va a sminuire quello che fa la persona di cui parliamo.
Ma non solo, per per diversi giorni, invece di parlare della sua impresa nello spazio, la stampa si è concentrata suo ruolo di madre che ha lasciato la famiglia a casa.
Questo sarebbe mai successo a uomo?
Poniamocela questa domanda e non stanchiamoci di condividere quello che impariamo con chi abbiamo vicino e di informarci in merito a quelli che sono i nostri diritti – possibilmente da fonti diversificate e attendibili.
Usare la propria voce può sembrare un esercizio stancante, ma il silenzio non fa che assecondare questi comportamenti.
Il silenzio è nemico della parità di genere.
Riconoscendo che i tempi cambiano e allenando la capacità di essere flessibili, sarà possibile parlare di sviluppo e di evoluzione della società e quindi del miglioramento delle condizioni non solo di tutte le donne, ma di tutte le persone.